Friday, September 30, 2016

Polos/Polis

di Fabio Carnaghi

La scelta di Giulia Berra di indagare la natura da un punto di vista pressoché leonardesco, esplora  i confini scientifici e la riproducibilità, spesso ingegnata per mezzo di un linguaggio architettonico, della fenomenologia naturale.  
Si può dire che la poetica di Berra abbia un riferimento fondamentale  nel binomio classico tra polos, il cielo, a cui basta il cambio di una vocale per tramutarsi in polis, la città. Questi due estremi attengono l’uno ad un iperuranio celeste, ad una dimensione altra, intangibile e imperscrutabile, sede divina o luogo del mistero, l’altro all’habitat artificiale della vita umana.
È il cielo col suo carattere aereo ad ispirare installazioni ambientali che alludono a volte celesti o che del cielo emulano la sospensione fluttuante. La città, invece, è un topos antropico che ispira un repertorio di piccola scultura, abaco costruttivo di un’utopia.
A partire da una alacrità miniaturistica, che emula la laboriosità etologica, i prodromi della ricerca di Giulia Berra si evolvono  in strutture a forma di cupola, di spirale, di parallelepipedo che riportano all’uomo e al suo intervento. Città, questo il termine scelto dall’artista per intitolare una serie scultorea, fondate su geometrie architettoniche, abitacoli effimeri o ricettacoli fragili in balìa del minimo evento vibrante perché costruiti con esili strutture di legno e piume, conchiglie, spine, galle di quercia, resine, baccelli e tutto quanto la natura abbandona quale scoria funzionale alla sua rigenerazione. 
Questa progettualità scultorea promuove la forza impercettibile di un’animazione plastica leggera e sensibile. Tale coesione tra microscopiche strutture naturali e un agire edificante rivela la prossimità della ricerca di Berra al dinamismo naturale, che spazia dalla ciclicità alla metamorfosi. 



La poetica di Berra si avvale della natura senza cedere all’ostentazione di reperti naturali collezionati in Wunderkammern, ma rendendo la natura protagonista del progetto. Tale atteggiamento si evolve in relazione allo spazio nell’approdo ad esiti site-specific. 
In Nowhere is a cloud (2015) l’intervento dell’artista ha coinvolto il torrione d’ingresso del Castello Visconteo di Legnano, teatro della restituzione atmosferica di una nuvola di piume, che consente all’installazione di continuare a vivere nell’aria e di mutare secondo la caducità del piumaggio degli uccelli. Le piume in questo caso diventano tracce del nomadismo migratorio ma anche della persistenza nidificata. Una nuvola è l’agglomerato etereo che le accoglie dopo la loro conservazione a seguito della loro raccolta, testimonianza della loro esistenza e della loro crescita in natura. 
Saudade do Futuro (2016) è un secondo intervento realizzato presso il Museo Municipal Amadeo De Souza Cardoso ad Amarante (Portogallo). In esso lo spazio è stato intessuto da una rete di filo che descrive una galassia di galle di quercia. Il carattere planetario dell’installazione allude ad una volta celeste in una rappresentazione che astrae l’elemento vegetale dalla sua concretezza per approdare ad una consistenza aerea e leggera. 


Punti di sospensione presso la Gipsoteca del Museo Antonio Canova a Possagno si qualifica come intervento site-specific che coinvolge in maniera inedita la pratica scultorea nella relazione con lo spazio. Scafi di navi, conche di profilati in legno, si compongono di penne policrome delle più varie screziature. Sculture delicate ed esili danno corpo a forme galleggianti, eteree ed evanescenti come le ombre sottili che proiettano. Flotte navali di piume descrivono le rotte di una navigazione nell’immaginario. La metafora onirica lascia spazio ad una riflessione sull’irrazionale e sulla ricerca di un altrove verso cui migrare. Il volo torna ad essere attrattiva cruciale nell’immaginario dell’artista che, ribadendo la potenza vitale e plastica del fragile e dell’effimero in natura, mette in luce l’atavica discrasia tra ordine naturale e mistero irrazionale che lo anima. Tale inafferrabilità dialoga per contrasto con l’ideale classico dei gessi canoviani, luogo di apollinea perfezione. 


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