Wednesday, April 13, 2011

I'LL BE YOU MIRROR


ABOUT CATTELAN'S WITHDRAWAL


Cattelan retires. Officially, for fear of repeating himself, for hate for his production, to dissociate himself from market, from polemics, to settle his Art system role, in the name of his own independence. He will devote himself just to the photo magazine Toilet Paper. Advertising Trick? Provocation? And if he really disappeared from limelight? Polemic may be an ingredient, but not even the essential one. The installation with the kids hung to an oak, at XXIV maggio Square in Milan, in 2004, was an awful work considering manufacture, nevertheless it made us discover the square power. The middle finger is a position, not a provocation. (Maurizio Cattelan, interview for La Repubblica translated by me, 1st April 2011, strange date). Cattelan's problem doesn't lie in his production or in his character: it lies in social factors. He is a catalyst, like Damien Hirst. Like Berlusconi for politic, Kate Moss for fashion, Lady Gaga for music. Our position about a specifical sector always ends up coagulating on one of these entities, two-dimensional beings from photos, TV screens, written pages. There isn't a real analysis, but just a stand for or against a person, whose magnetism mainly consists in his/her apparent being-always-the-same capability, ability generally precluded to flesh and bones human beings. They are esthetic community idols, idols of a society connected by experience and opinion sharing. With Cattelan we side, and, mainly, around Cattelan we take part in something. He is an archetype, a shape without content spontaneously generated by the collection of people then called to express themself about his figure. There are all of us covering this icon with our transfigurations, our representations, our emotions, our frustrations, our dissatisfactions. He is simply everything and nothing, and we could endlessly talk about him. Cattelan is a model, a reference, an authority, someone onto whom we can off load our responsibilities, someone reassuring us in accordance with an easy Manichaeism. The problem isn't one of this magnets disappearance, the problem are us and our analyzing, building, narrating, imaginative capability. Criticism lies in the contact with reality, in experimentation, in research, in work in progress, not in cut and thrust, not in a mirror with always the same wanted reflected image. We could say we know ourselves -as artists, citizens, women, music public, etcetera- just in connection with some figures in our speeches. Every period, every field has got its own Pole Star, less or more bright. Without them we would feel lost, especially if our sailing competence depends on recognition. Every time, every sector, has got its own Pillar of Hercules, and we have to look farther, because every reality, every situation, is just temporarily true.
 
I'LL BE YOUR MIRROR
SUL RITIRO DI CATTELAN

Cattelan si ritira. Ufficialmente per la paura di ripetersi, per prendere distanza dal mercato, dalle polemiche, per ridefinire il suo ruolo all'interno del sistema dell'arte in nome della propria indipendenza, per odio verso la sua produzione precedente. Si dedicherà solo alla rivista fotografica Toilet Paper. Una manovra pubblicitaria? Una provocazione? E se scomparisse davvero dalla ribalta? La polemica può essere un ingrediente, ma nemmeno quello essenziale. L'installazione dei bambini impiccati alla quercia, in piazza XXIV maggio a Milano nel 2004, era un lavoro pessimo dal punto di vista del manufatto, eppure ci fece scoprire la forza della piazza. Il dito medio è una posizione, non una provocazione. (Maurizio Cattelan, intervista a La Repubblica, 1 Aprile 2011, strana data). Il problema Cattelan non risiede né nella produzione, né nel personaggio, ma nel fattore sociale. Come Damien Hirst, è un catalizzatore. Come Berlusconi per la politica, Kate Moss per la moda, Lady Gaga per la musica. La nostra posizione nei confronti di un settore specifico finisce sempre per coagularsi attorno ad una di queste entità, esseri bidimensionali delle fotografie, degli schermi televisivi, delle pagine scritte. Non c'è una vera e propria analisi, bensì uno schierarsi pro o contro una persona, il cui magnetismo consta per lo più nella sua capacità di rimanere apparentemente sempre identica a sé stessa, pur nel variare delle situazioni, abilità notoriamente preclusa ad ogni essere umano in carne ed ossa. Sono gli idoli di una comunità estetica, di una società il cui collante è costituito per buona parte dalla condivisione di esperienze e giudizi legati al gusto. Per Cattelan si parteggia, ma, soprattutto, attorno a Cattelan si partecipa. E' un archetipo, una forma senza contenuto generata spontaneamente dal coacervo di persone che devono poi esprimersi sulla sua figura. Siamo noi ad ammantare questa icona delle nostre trasfigurazioni, rappresentazioni, emozioni, frustrazioni, insoddisfazioni. Egli è semplicemente tutto questo e niente di questo, e il discorso in merito può continuare all'infinito. Cattelan è un modello, un riferimento e un'autorità, qualcuno su cui scaricare i nostri sensi di colpa, qualcuno che in fin de conti ci rassicura entro gli schemi di un facile manicheismo. Il problema non è la scomparsa di uno di questi magneti, il problema siamo noi e la nostra capacità di analizzare, costruire, narrare e immaginare il mondo. Il pensiero critico sta nel toccare con mano, nella sperimentazione, nella ricerca, nella costruzione di un percorso non nei botta e risposta e nel continuo confronto con uno specchio dove vogliamo vedere solo un certo riflesso, certe angolazioni. In un certo senso sappiamo chi siamo -come artisti, cittadini, donne, pubblico musicale etc- in rapporto alla presenza di certe figure nei nostri discorsi. Ogni periodo, ogni campo, ha le sue stelle polari, più o meno luminose. Senza di esse vi è spaesamento, soprattutto se la nostra competenza nautica si affida al riconoscimento. Ogni epoca, ogni settore ha le sue Colonne d'Ercole oltre cui guardare, perché ogni realtà, ogni situazione, è solo provvisoriamente vera.

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